La valutazione del lavoro dei dipendenti pubblici è «poco efficace» con «l’appiattimento verso l’alto delle valutazioni del personale» e «la conseguente attribuzione di premialità ai pubblici dipendenti senza adeguati presupposti meritocratici».
Così, la Corte dei Conti boccia il sistema di valutazione adottato per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni centrali (i ministeri) nel periodo 2020-2022, sottolineando come gli obiettivi di risultato fissati non sono sfidanti e la valutazione è stata troppo generosa specie con i dirigenti di prima fascia, spesso inseriti tutti nell’area del massimo risultato.
Nei prossimi anni le cose potrebbero cambiare con l’adozione della Direttiva firmata a novembre dal ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo che introduce un sistema di valutazione diverso per l’assegnazione della premialità ai pubblici dipendenti che comprende anche il giudizio dei colleghi e dei collaboratori insieme a quello dei capi e quello dei portatori di pubblico interesse, ovvero delle persone interessate a quel servizio pubblico.
Tra il 2020 e il 2022, sottolinea la magistratura contabile, il controllo eseguito sulle premialità ai pubblici dipendenti delle amministrazioni centrali «evidenzia la diffusa indicazione di obiettivi particolarmente bassi e autoreferenziali, oltre alla scelta di indicatori di performance poco sfidanti. I risultati emersi – prosegue la delibera della Corte -evidenziano l’appiattimento verso l’alto delle valutazioni del personale, la conseguente attribuzione di premialità senza adeguati presupposti meritocratici e l’insufficiente efficacia del sistema di misurazione e valutazione, inidoneo a determinare in maniera uniforme e pienamente adeguata la qualità delle prestazioni dei dipendenti pubblici».
«Se la logica istitutiva degli Organismi indipendenti di valutazione è legata all’unificazione dei compiti prima svolti dai servizi o dagli uffici di controllo interno delle pubbliche amministrazioni e all’uniformazione delle modalità di verifica delle prestazioni – spiega la Corte -, l’assenza nell’attuale sistema di parametri realmente omogenei è un rischio di allontanamento dagli scopi ispiratori della norma».
Guardando ai singoli ministeri le valutazioni dei dirigenti del Lavoro e dell’Economia è stata massima (tra 90% e 100% per il Lavoro tra 80% e 100% per l’Economia) per l’intera prima fascia ma lo stesso è accaduto per il ministero della Salute, per quello della Cultura e per quello delle imprese e del “Made in Italy”.
Alta anche la percentuale dei dirigenti di seconda fascia nel valore di risultato più alto. Per il ministero dell’Istruzione e il Merito manca la valutazione dei dirigenti di prima fascia, ma per quelli di seconda si supera largamente il 90% per quelli che hanno avuto il risultato massimo.
Di fatto, più che essere un riconoscimento dell’impegno e del merito, la premialità ai dipendenti pubblici si è trasformata in un consistente aumento della retribuzione che, specie nelle amministrazioni centrali, è già di suo oltre i 200.000 euro, specie tra i dirigenti di prima fascia, con premi che possono valere anche il 20% della retribuzione, ovvero 40.000 euro extra. Ovvio che in pochi vogliano rinunciarvi.
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