Si intensificano i venti della crisi del settore moda secondo l’indagine Cna Federmoda. Se il 2023 era stato complicato, le previsioni per il 2024 indicano burrasca, secondo i risultati dell’indagine Cna Federmoda su un campione di quasi 600 imprese.
Per l’esercizio 2024 il 50,2% delle imprese intervistate stima una contrazione del fatturato e tra queste una su cinque indica addirittura una forte riduzione dei ricavi, superiore al 20%. Un deciso peggioramento rispetto ai bilanci del 2023 che evidenziano un calo dei ricavi per il 39,3% delle imprese mentre il 39,1% ha registrato una crescita. Per il 2024 solo il 16,9% stima un miglioramento dei ricavi.
All’interno del comparto moda, la situazione peggiore investe il settore della pelletteria con oltre il 62% delle imprese a registrare ricavi in calo, percentuale che scende al 54,1% per il tessile mentre nell’abbigliamento le previsioni negative riguardano il 35,4% del campione.
La crisi colpisce soprattutto le aziende contoterziste (quelle che lavorano per altri marchi, poco più della metà del campione): oltre il 57% stima fatturato in calo contro il 35% delle imprese a marchio proprio.
I problemi più gravi lamentati dalle imprese sono, nell’ordine, costo del lavoro (55,4% delle risposte), calo degli ordinativi (54,9%), costi delle materie prime (52,1%), costi dell’energia (46,9%).
Notizie migliori arrivano sul fronte dell’occupazione. Il 27% del totale delle imprese intervistate ha aumentato il numero dei dipendenti, percentuale che sale al 40,5% nel tessile mentre il 28,4% ha ridotto gli occupati con punte di oltre il 34% nel tessile. Tuttavia è aumentato il ricorso alla cassa integrazione, utilizzata dal 25,6% delle imprese rispetto al 15,5% del 2023.
Tra le misure di sostegno indicate dalle imprese nell’indagine Cna Federmoda, il 62,7% propone una riduzione dell’Iva per stimolare i consumi, una su cinque è favorevole a una moratoria sul credito e una su quattro chiede la sospensione per almeno sei mesi dei versamenti al fisco con rientro graduale attraverso rateizzazioni a tasso zero.
«Dalla nostra indagine emerge una situazione preoccupante soprattutto per il mondo dell’artigianato e della piccola impresa – ha detto il presidente nazionale CNA Federmoda, Marco Landi -. Particolarmente critico risulta l’andamento dei laboratori che lavorano per conto di terzi, vale a dire l’ossatura della filiera produttiva nazionale. È proprio questa la parte del settore moda che le politiche pubbliche sono chiamate a sostenere e stimolare se si vuole salvaguardare il comparto con le sue ricchezze in termini di occupazione, competenze, sostenibilità, valore aggiunto».
Secondo l’Istat ad aprile 2024 peggiora sia il clima di fiducia dei consumatori che quello delle imprese: l’indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisce da 96,5 a 95,2 e l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese scende da 97,0 a 95,8.
La dinamica negativa dell’indicatore di fiducia dei consumatori esprime il deterioramento del clima economico (da 101,9 a 99,4), di quello personale (da 94,6 a 93,7) e, soprattutto, di quello futuro (l’indice cala da 97,2 a 93,9). Il clima corrente, invece, registra un lieve incremento (l’indice sale da 96,0 a 96,2).
Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia si riduce in tutti e quattro i comparti economici indagati, seppur con intensità diverse: nelle costruzioni, nel commercio al dettaglio e nei servizi di mercato si registrano i cali più consistenti (rispettivamente da 105,7 a 103,4, da 104,5 a 103,0 e da 100,7 a 99,5); nella manifattura la diminuzione è più contenuta (l’indice scende da 88,4 a 87,6).
Quanto alle componenti degli indici di fiducia dei comparti economici, nella manifattura peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese sul livello di produzione; le scorte sono giudicate in decumulo. Nelle costruzioni tutte le componenti si deteriorano.
Passando al comparto dei servizi di mercato, un peggioramento dei giudizi sugli ordini si unisce ad un’evoluzione positiva delle opinioni sull’andamento degli affari; le attese sugli ordini rimangono stabili rispetto allo scorso mese. Con riferimento al commercio al dettaglio, le vendite sono giudicate in miglioramento mentre le relative attese diminuiscono; si stima un accumulo delle scorte di magazzino.
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