Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato in via definitiva il regolamento Euro 7, la proposta di normativa presentata nel 2022 dalla Commissione europea per ridurre le emissioni dei veicoli venduti nel mercato europeo, che porta poche modifiche concrete rispetto all’odierno Euro 6.
Il percorso per l’approvazione definitiva del nuovo regolamento Euro 7 sulle emissioni dei veicoli che entrerà in vigore nel 2025, dopo l’approvazione del Consiglio europeo e dell’Europarlamento, dovrà passare attraverso una serie di passaggi formali prima di diventare operativo, con firme dei presidenti delle due Istituzioni europee, pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione ed entrata in vigore dopo 20 giorni. A quel punto, scatteranno i termini fissati nello stesso regolamento per la sua applicazione, che – ricorda il Consiglio – sono:
30 mesi per i nuovi tipi di autovetture e furgoni e 42 mesi per le autovetture e i furgoni nuovi;
48 mesi per i nuovi tipi di autobus, autocarri e rimorchi e 60 mesi per gli autobus, gli autocarri e i rimorchi nuovi;
30 mesi per i nuovi sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti da installare su autovetture e furgoni e 48 mesi per quelli da installare su autobus, autocarri e rimorchi.
Le differenze dello standard Euro 7 riguardo all’Euro 6 riguardano in particolare il livello di poveri sottili emessi da pneumatici, freni e frizione durante la circolazione su strada, che andranno ridotte per tutti i veicoli con limiti più ristrettivi per i veicoli elettrici, il cui maggiore peso sottopone pneumatici e freni a maggiore stress.
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Le norme si fanno più severe per quanto riguarda i veicoli pesanti, camion e autobus, con la fissazione di limiti più rigorosi per vari inquinanti, compresi alcuni fino ad ora non disciplinati, come il protossido di azoto (N2O).
Ad allarmare le case costruttrici non c’è tanto l’Euro 7, quanto l’ingresso in grande stile – meglio, l’invasione – delle auto prodotte in Cina che, grazie ai dazi più contenuti del mercato europeo – il 10% contro il 15-20% della Cina e del 25% degli Usa – e dei minori costi produttivi, sociali e ambientali, oltre alle forti sovvenzioni del governo cinese, si presentando con prezzi decisamente competitivi rispetto ad analogo prodotto europeo. Da notare che le case dove è presente una forte quota di azionariato cinese nelle case europee – dalla Mercedes alla Volvo – o con forti interessi sul mercato cinese – il solo gruppo Volkswagen ricava dal mercato cinese il 40% dei propri guadagni – sono contrarie all’applicazione di maggiori dazi sulle auto cinesi in ingresso.
Non solo l’invasione delle auto “gialle”: nelle sedi delle case europee e della loro associazione di rappresentanza, l’Acea, è allarme rosso anche per l’ipotesi sempre più concreta che con la nuova eurolegislatura si cancelli l’assurdo, folle e controproducente divieto di vendita di veicoli con motore termico al 2035, cosa che farebbe aprire nei bilanci dei costruttori vistosi buchi per avere investito su prodotti che non sfondano tra i consumatori, sempre che questi non siano costretti per legge ad acquistare solo auto elettriche.
Come si è evidenziato nel corso del G7 dei ministri dei trasporti svolto a Milano, la pressione per un cambio delle regole dopo l’eurofollia ambientalista con una nuova, probabile maggioranza più spostata a destra è sempre più concreta, anche perché la tecnologia motoristica europea, a partire da quel motore Diesel troppo frettolosamente abbandonato dopo lo scandalo delle emissioni, è ancora la scelta economica, ambientale e sociale più efficace.
Infine, tra i malcapitati acquirenti di auto elettriche, dopo i problemi connessi alla ridotta autonomia, alla forte svalutazione dell’investimento, ai problemi delle ricariche per una rete estremamente ridotta e spesso fuori servizio, ora arriva la decisione dei vari operatori dell’energia di abolire progressivamente le tariffe agevolate di ricarica, specie presso i punti a media e alta potenza. Di fatto, per costoro si tratta di un sostanziale raddoppio dei costi del pieno elettrico, cosa che fa totalmente abortire la residua convenienza dell’uso dell’auto elettrica, sempre che non si possa ricaricarle con le tariffe domestiche nel garage di casa durante la notte.
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