Piano piano, le case automobilistiche che avevano abbracciato l’elettrificazione della mobilità sotto la spinta dello scandalo mal gestito delle emissioni truccate dei motori a gasolio innescato dalla Volkswagen e scoperto dall’Epa americana e quella di una politica europea che si è appecoronata alle forti pressioni dei costruttori cinesi interessati a colonizzare il mercato europeo con i loro veicoli elettrici, si stanno finalmente ricredendo, riattivando gli investimenti sui motori a combustione e rimettendo a listino quei propulsori Diesel troppo frettolosamente abbandonati che oggi mantengono il valore residuo più alto sul mercato dell’usato.
Da Mercedes a Renault fino alla stessa Volkswagen si fa a gara per annunciare il ritorno al motore a combustione, anche se le case non hanno il coraggio di chiedere espressamente alla politica europea di cambiare le regole del gioco truccato a favore dell’elettrificazione, che alle stesse case costruttrici è costato miliardi di investimenti per sviluppare prodotti che non trovano il consenso dei consumatori, nonostante i ricchi incentivi pubblici che molti governi stanno iniziando a cancellare.
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Ma gli scarsissimi risultati di vendite di auto a batteria che saranno le uniche a potere essere vendute dopo il 2035 dovrebbero consigliare il regolatore politico europeo – soprattutto quelli che saranno eletti il prossimo 9 giugno – a cancellare divieti assurdi, peraltro unilaterali ed esclusivi dell’area europea.
Ma a pesare sullo scarso successo delle auto a batterie c’è anche il fattore economico. Non solo costano decisamente di più al momento dell’acquisto di una con motore termico, ma sono anche le peggiori per il mantenimento del valore residuo a 3 anni dall’immatricolazione e con circa 60.000 chilometri percorsi, con solo il 38% del valore iniziale, mentre tengono ottimamente il valore i modelli con motore Diesel (58%), benzina (53%9 e Gpl (48%), mentre i modelli ibridi e ibridi ricaricabili si fissano al 54%.
Il basso valore residuo ha spinto sempre più operatori professionali della mobilità come le aziende di autonoleggio a cedere anzitempo la propria flotta di veicoli elettrici per arginare le future perdite economiche, interrompendo anzitempo i programmi di acquisto di nuovi modelli elettrici, contribuendo così a rallentare ulteriormente il mercato delle auto a batterie per le case costruttrici che si trovano a fronteggiare l’aumento dell’invenduto.
Non solo questioni economiche pesano sull’insuccesso del veicolo a batteria all’attuale stato di sviluppo. C’è la questione della batteria che al momento è inadeguata all’esigenza dell’elettrificazione della mobilità, perché per assicurare un’autonomia sufficiente necessità di notevoli pesi che finiscono con l’influire negativamente sui consumi energetici e sul consumo di pneumatici e sulla produzione di particelle fini. Le tecnologie relative alle nuove chimiche e materiali che saranno sul mercato attorno al 2030, oltre a risolvere gli attuali problemi delle batterie (scarsa autonomia, tempi di ricarica elevati, scarsità dei punti di ricarica ad alta potenza, peso elevato, maggiore rischio di incendio), amplificheranno ancora più di oggi la svalutazione degli attuali modelli, con la conseguenza che un acquirente minimamente attento oggi orienta le proprie scelte su motorizzazioni alternative all’elettrico. Così come hanno iniziato a fare gli autonoleggiatori.
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