Il mondo delle criptovalute si conferma volatile e insicuro, con un rapporto rischio-rendimento poco correlato e il pericolo di incorrere in forti perdite. Un mondo dal quale gli investitori, specialmente quelli non professionali, farebbero bene a stare alla larga o quantomeno ad approcciarsi con grandissima circospezione.
Il quadro tracciato dalla Consob nel secondo rapporto annuale sulle “Principali tendenze in tema di investimenti sostenibili e criptoattività” evidenzia ancora una volta «l’elevata volatilità» del settore: allo scorso settembre il valore delle principali criptovalute era del 50% inferiore a quello di fine 2021, dopo un 2022 drammatico(-65%), culminato nel fallimento di Ftx, e un parziale recupero nel corso del 2023.
Anche nel 2023 il rendimento del Bitcoin – che con Ethereum rappresenta più del 60% del valore di mercatodelle criptovalute – è «solo lievemente superiore» a quello degli asset non digitali nonostante «un’assunzione di rischio ben maggiore». Turbolenze e scandali hanno provocato una fuga dei fondi depositati nelle applicazionidi finanza decentralizzata, crollati a settembre del 70% rispetto al 2021 (-63% solo lo scorso anno), come pure una «drastica» riduzione dei volumi delle transazioni, che traspare anche dal fatto che il 60% dei bitcoin e il 70% degli ethereum siano rimasti inattivi, cioè non siano stati movimentati nell’ultimo anno.
Un ulteriore fattore di rischio, rispetto agli investimenti tradizionali, è rappresentato dal pericolo di furto di valute digitali da parte degli hacker. Nel 2022 sono stati rubati asset per 3,8 miliardi di dollari, in crescitarispetto ai 3,3 miliardi del 2021. Si tratta di un ammontare che rappresenta circa lo 0,4% del valore di mercato dei criptoasset, di poco inferiore ai 1.000 miliardi di dollari a fine 2022.
D’altra parte di 188 piattaforme di scambio di criptovalute solo 14 possono ritenersi «molto sicure» mentre è in aumento, rispetto al 2022, la quota di quelle che dispongono di una valutazione «scarsa» in termini di sicurezzacibernetica.
Le criptovalute attirano il 2,4% della popolazione italiana, con il Belpaese che è agli ultimi posti in Europa per possessori di criptoasset. A sua volta il Vecchio Continente rappresenta solo il 4% dei possessori a livello globale, con l’Asia (59%) che svetta davanti a Nord America (13%) e Africa (10%).
La fase di appannamento che vive l’industria ha ridotto l’interesse sia dei risparmiatori, testimoniato dal calo delle ricerche in rete, che degli asset manager: la ripresa degli investimenti, saliti a 58 miliardi ad inizio 2023, arriva dopo il calo da 70 a 48 miliardi registrato nel 2022. Sul fronte della sostenibilità, altro campo di indagine del rapporto, la Consob evidenzia progressi nella gestione dei rischi Esg da parte delle imprese dell’Eurozona, con l’Italia che si muove in linea con gli altri Paesi dell’area.
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