Economia sostenibile: l’Italia arranca

Energie rinnovabili in ritardo, bene il riciclo, ma incombe l’Europa. Il problema del trattamento dei fanghi di depurazione.

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Economia sostenibile Riciclaggio o riuso

L’economia sostenibile in Italia arranca, tra le energie rinnovabili – fotovoltaico ed eolico – che crescono più lentamente che nel resto d’Europa, l’auto elettrica che fortunatamente non decolla, mentre si potrebbe fare decisamente di più sul fronte dei carburanti sostenibili per abbattere da subito senza orpelli elettrici le emissionidi quasi tutto il parco veicoli circolante, leggero e pesante, mentre va bene solo il riciclo dei rifiuti, sopra la media europea, ma è a rischio della mannaia europea che vorrebbe imporre il solo riuso.

Il quadro della economia verde in Italia è stato fatto come tutti gli anni a Rimini, agli Stati generali dell’economia sostenibile nell’evento organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile di Edo Ronchi.

I numeri dell’economia sostenibile italiana non sono confortanti. L’anno scorso l’energia rinnovabile è scesa dal 21% del fabbisogno nel 2021 al 19%. Nel 2022 sono stati installati 3 Gigawatt di nuovi impianti per rinnovabili elettriche: in aumento rispetto alla media molto bassa degli ultimi anni, ma ben lontani dai 10/12 di GW annui che servirebbero per mettersi al passo con gli obiettivi europei al 2030. Nel 2022 la Francia ha installato 5 GW, la Polonia 6 GW, la Spagna 9 GW e la Germania 11 GW.

Buono il tasso di riciclo dei rifiuti, al 72%, sopra la media europea del 58%. Ma il tasso di utilizzo di materia proveniente dai rifiuti è diminuito al 18,4% e molte filiere di riciclaggio sono sotto la spada di Damocledell’Unione europea che vorrebbe imporre ai paesi membri la via del riuso, cosa che alla fine comporterebbe maggiori oneri ambientali rispetto al riciclo. Si segnalano nel 2023 rilevanti difficoltà nel mercato di alcune materie prime seconde, in particolare di quelle plastiche.

Aumentano le auto circolanti, arrivate a 683 ogni 1.000 abitanti, anche se le penetrazione dei veicoli elettrici è fortunatamente basso e l’86% delle auto sono ancora con alimentazione benzina e diesel, sopra le medie dei paesi europei, con un aumento delle emissioni del 2% dal 2019 al 2022 per via della ignavia dei politici boccaloni europei che hanno bandito la tecnologia Diesel che garantisce molte meno emissioni rispetto alla benzina, ingollando la bufala dell’impatto zero dell’elettrificazione della mobilità, buona solo a fare entrare in forza nel mercato auto europeo le automobili cinesi.

Secondo Edo Ronchi «un maggiore impegno nelle misure per la transizione ecologica all’economia di domani potrebbe contribuire in modo decisivo al rilancio dell’economia italiana, a promuovere innovazioni e investimenti».

Dal 2015 al 2022 le emissioni nette di gas serra sono state ridotte solo del 4% e dal 2019 al 2022 sono aumentate del 2%. La riduzione delle emissioni in atto nella prima parte del 2023 – per ragioni climatiche e di rallentamento dell’economia – non basta ad allineare il Paese con l’accelerazione richiesta dagli obiettivi europei, decisamente sovrastimati nello sforzo di azzerare il proprio contributo globale, l’8% di quello complessivo.

Nei trasporti, nel 2022 sono aumentati di circa il 5% i consumi energetici e le emissioni di gas serra. La produttività delle risorse nel 2022 è ancora fra le migliori nell’Ue, a 3,3 euro di Pil per Kg di risorsa consumata, ma è in calo rispetto ai 3,5 del 2019.

Benché l’Italia sia ricca di biodiversità, tutela nel complesso solo il 21,4% del proprio territorio e il 6,9% del proprio mare, valori inferiori alla media della Ue del 26,4% e del 12,1%. Per le aree protette a terra il Paese è al XIX posto nella Ue. Il monitoraggio ha evidenziato uno stato di conservazione sfavorevole del 54% della flora, del 53% della fauna e l’89% degli habitat terrestri tutelati dalla Direttiva Habitat.

Secondo Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, una mano alla tuteladell’ambiente potrebbe venire da una migliore gestione del ciclo acqua, in particolare dalla parte finale delle fognature e depurazione. In Italia vengono prodotte ogni anno 3,24 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione. Un rifiuto che si può trasformare in risorsa per l’utilizzo in agricoltura o attraverso il recupero energetico e di materia. In Italia, però, il sistema si regge su un equilibrio precario, servono impianti sia per il recupero di materia e successivo utilizzo in agricoltura, sia per il recupero energetico con produzione, tra gli altri, di biometano.

A un sistema insufficiente di depurazione (che costa al Paese 4 procedure di infrazione, con 60 milioni di euro di multe comunitarie pagati ogni anno), rileva Utilitalia, lo smaltimento in discarica, sicuramente l’opzione ambientalmente meno conveniente, vada minimizzato a favore del recupero, come previsto anche nella bozza di revisione della Direttiva Europea sulle acque reflue urbane.

Nel 2021, il 54% dei fanghi è stato avviato a recupero ed il restante 46% a smaltimento con situazioni piuttosto diversificate tra le macroaree, spiega la federazione. Il Centro ed il Sud, infatti, hanno esportato complessivamente circa 480.000 tonnellate di fanghi verso altre regioni, soprattutto del Nord. Un quadro che rischia di essere aggravato nei prossimi anni da due fattori: un aumento di rifiuti da gestire (con la risoluzionedelle procedure di infrazione si stima che si produrranno circa 800.000 tonnellate di fanghi in più) e una mancata o una forte riduzione dell’utilizzo agricolo, in un quadro di incertezza normativa, che aggraverebbe ulteriormente la situazione di deficit gestionale del Centro-Sud, mettendo anche il Nord in forte difficoltà.

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