Con un decreto all’ultimo momento, il Consiglio dei ministri ha emanato misure urgenti per evitare lo stop alla circolazione dei veicoli Euro 5 Diesel nelle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, divieto alla circolazione che sarebbe scattato a giorni e che avrebbe interessato automobili, furgoni e anche camion con enormi danni all’economia del motore produttivo della nazione.
Il rinvio del divieto alla circolazione è, come succede spesso in Italia, solo temporaneo, perché questo tra un anno sarà nuovamente obbligatorio e metterà fuori gioco veicoli immatricolati per la prima volta entro il settembre 2015, veicoli con otto anni di vita sulle gomme, vecchiotti ma sicuramente non obsoleti, specie in presenza di chilometraggio non elevato.
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Il governo Meloni dovrebbe affrontare seriamente il problema ponendo a Bruxelles la questione del cambiamento delle fallimentari regole che l’Unione europea si è data sotto la forte (e interessata) pressione degli ambienti economici cinesi, che sono riusciti a fare passare norme a favore dell’elettrificazione della mobilità a danno del motore a scoppio, favorendo una tecnologia, quella elettrica e delle batterie, dove essi hanno sviluppato una filiera integrata e monopolistica, mentre l’Europa ha visto progressivamente sgretolarsi la propria supremazia nel campo dell’efficienza dei motori, specie nel campo del Diesel, finito ingiustamente sul bancodegli imputati solo per una colossale truffa innescata da alcune case costruttrici (a partire da Volkswagen) solo per risparmiare qualche centinaio di euro nel passaggio dello standard emissivo da Euro 5 a Euro 6.
Soprattutto, più che fare un divieto alla circolazione si dovrebbe finalmente sdoganare l’utilizzo dei carburanti sostenibili da origine organica e sintetica(quest’ultimi già autorizzati) utilizzabili da subito su tutti i motori Euro 6 e sulla quasi totalità degli Euro 5 e, in misura minore (salvo piccole modifiche ad alcune parti in gomma soggette a corrosione da parte del carburante) anche sugli Euro 4. Sarebbe uno scenario vincente per tutti perché si renderebbe da subito molto più ecologicogran parte del parco circolante attuale senza richiedere alcuna modifica di contesto, rete di approvvigionamento compresa, al contrario dello scenario dell’elettrificazione che impone la realizzazione ex novo dei punti di ricarica e, dettaglio affatto trascurabile, produrre tutta l’energia elettrica che serve, attualmente mancante.
In attesa dell’ennesimo rinsavimento dei legislatori comunitari – che probabilmente accadrà solo dopo le elezioni del nuovo Europarlamento a giugno 2024 – è da notare il dato che emerge dalla Norvegia, paese che ha investito miliardi nell’elettrificazione spinta del parco circolante sostenuto dai proventi della vendita del petrolio e gas naturale estratto dai propri giacimenti nel Mare del Nord. Ebbene, anche in presenza di un parco circolante di automobili elettriche vicino al 90% del totale, le emissioni inquinanti non sono diminuite in modo apprezzabile, mentre sono grandemente diminuite le entrate fiscali derivante dall’imposizione sul parco circolante grazie alle agevolazioni garantite ai veicoli elettrici (tassa di circolazione, parcheggi, pedaggi esenti) e al calo delle accise sui carburanti venduti. Situazione che ha indotto il governo norvegese a ridurre fino ad annullare gli incentivi alle auto elettriche. E, sorpresa, i consumatori hanno immediatamente reagito tornandoad acquistare automobili con il vituperato motore a benzina e gasolio.
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