Incomincia ad emergere la realtà al pagamento delle tasse in Italia da parte delle grandi multinazionali che possono attuare politiche di gestione fiscale utilizzando i cosiddetti paradisi fiscali: nel suo bilancio 2022, Google Italia ha denunciato ricavi per 1,038 miliardi di euro, di cui 825 milioni da ricavi pubblicitari e 213 milioni da servizi di cloud dati, pagando al fisco italiano “ben” 10,77 milioni di euro (8,87 milioni da Google Italy e 1,9 milioni da Google Cloud Italy).
Insomma, con il bilancio 2022 Google Italia la multinazionale americana ha assolto i suoi obblighi fiscali in Italia con un prelievo fiscale di solo l’1% sui propri ricavi. Una differenza astronomica rispetto ad una piccola impresa che mediamente paga oltre il 30%se non di più e che non può fruire delle medesime logiche di gestione fiscale attiva tipiche di una multinazionale.
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Il governo Meloni si trova in difficoltà ad allestire la manovra finanziaria 2024, perché le risorse disponibili sono limitate rispetto alle esigenze politiche di iniziare ad attivare parte delle promesse politiche che hanno portato il centro destra al successo elettorale del 2022. Ecco, potrebbe facilmente agire per ritoccare al rialzo il prelievo su realtà come Google (e tutte gli altri soggetti internazionali, a partire da Facebook, X, Apple, Microsoft, Amazon, ecc.) e portare il prelievo ad almeno il 10% se non quel 15% di tassazione minima su cui a livello internazionale non si è ancora verificata la condivisione dei governi.
Il problema di fondo è assicurare al sistema fiscale maggiore equità, tassando maggiormente – relativamente parlando: un livello del 15% non è sicuramente da esproprio proletario! – le grandi multinazionali che oggi pagano un pugno di denari in tasse abbassando contemporaneamente il prelievo in capo ai piccoli soggetti imprenditoriali – artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e professionisti – che oggi subiscono un autentico esproprio fiscale con una tassazione reale che è multipli di quella di una multinazionale.
E si noti che, rimanendo all’esempio di Google, è passata da denunciare valori irrisori di 65 milioni del 2015, cresciutidopo i pesanti accertamenti dell’Agenzia delle entrate a 94 milioni nel 2017, 184 milioni nel 2019, 506 milioni nel 2020 e 710 nel 2021. Con una previsione di 1,2 miliardi per il 2023.
Insomma, il governo Meloni se vuole essere credibile deve agire concretamente per chiedere maggiori oboli a chi può pagare senza alcun problema e ridurre il peso su chi è già al limite di sopravvivenza.
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