Fmi rivede al rialzo crescita Italia a +1,1% in 2023

Nel 2024 sarà al +0,9% grazie al “tiro” dei servizi e turismo. Frenano Eurozona ed economia mondiale.

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Migliorano le previsioni per l’economia italiana, malgrado il contesto di rallentamento in corso nell’Euroarea e nell’economia mondiale: secondo le previsioni del Fmi, il Fondo Monetario Internazionale, nel suo aggiornamento al World Economic Outlook appena pubblicato, grazie al rafforzamento dei servizi e del turismoha rivisto al rialzo la crescita dell’Italia di 0,4 punti percentuali rispetto alle precedenti stime di aprile portandola all’1,1% per il 2023 e con la previsione 2024 anch’essa aumentata di un decimo di punto allo 0,9%.

Analoga revisione nel 2023, +1,0 punti percentuali, per la Spagna. Diversa la situazione della Germania che, a causa della debolezza della produzione manifatturiera e della contrazione economica registrata nel primo trimestre del 2023 ha visto le previsioni riviste al ribasso (0,2 punti percentuali) a -0,3% confermandone la recessione.

Il Fmi prevede che la crescita nell’Euroarea diminuirà dal 3,5% nel 2022 allo 0,9% nel 2023, prima di salireall’1,5% nel 2024. La previsione è sostanzialmente invariata, ma con un cambiamento in composizione per il 2023. A livello globale gli economisti di Washington prevedono che la crescita scenderà da una stima del 3,5%nel 2022 al 3,0% sia nel 2023 che nel 2024. Mentre la previsione per il 2023 è leggermente superiore a quella prevista nel World Economic Outlook di aprile 2023 (WEO), rimane debole rispetto agli standard storici.

L’aumento dei tassi ufficiali delle banche centrali per combattere l’inflazione continua a pesare sull’attività economica. L’inflazione globale dovrebbe scendere dall’8,7% nel 2022 al 6,8% nel 2023 e 5,2% nel 2024. Si prevede che l’inflazione sottostante (core) diminuirà più gradualmente, mentre le previsioni sull‘inflazione nel 2024 sono state riviste al rialzo.

L’economia a livello globale mostra luci e ombre. Il Fmi osserva che «la recente risoluzione della situazione di stallo sul tetto del debito degli Stati Uniti e, all’inizio di quest’anno, una forte azione di contenimento da parte delle autorità delle turbolenze nel settore bancario statunitense e svizzero, hanno ridotto i rischi immediati di turbolenze nel settore finanziario. E ciò ha moderato rischi i negativi in prospettiva. Tuttavia, il saldo dei rischiper la crescita globale rimane orientato verso il basso».

Il pericolo numero uno resta lo stesso. «L’inflazione – si legge nel rapporto Fmipotrebbe rimanere elevata e persino aumentare se si verificassero ulteriori shock, compresi quelli derivanti da un’intensificazione della pressione della guerra in Ucraina ed eventi meteorologici estremi, che hanno innescato una politica monetaria più restrittiva. Nel settore finanziario la turbolenza potrebbe riprendere quando i mercati si adegueranno a un ulteriore inasprimento delle politiche da parte delle banche centrali. La ripresa della Cina potrebbe rallentare, anche a causa di problemi immobiliari irrisolti, con ricadute transfrontaliere negative. Le tensioni sul debito sovrano potrebbero diffondersi a un gruppo più ampio di economie».

Sul versante dei rischi al rialzo «l’inflazione potrebbe scendere più velocemente del previsto, riducendo la necessità di una politica monetaria restrittiva, e la domanda interna potrebbe nuovamente dimostrarsi più resiliente». Un quadro che fa affermare agli economisti del Fondo che «nella maggior parte delle economie, la priorità resta il raggiungimento di una disinflazione duratura, garantendo nel contempo la stabilità finanziaria. Pertanto, le banche centrali dovrebbero rimanere concentrate sul ripristino della stabilità dei prezzi e sul rafforzamento della vigilanza finanziaria e monitoraggio del rischio. Se le tensioni del mercato dovessero materializzarsi, i paesi dovrebbero fornire liquidità tempestivamente e mitigare la possibilità di azzardo morale. Dovrebbero anche costruire riserve fiscali, con un adeguamento della composizione fiscale che garantisca un sostegno mirato ai più vulnerabili. Miglioramenti dal lato dell’offerta dell’economia faciliterebbero inoltre il risanamento fiscale e un calo più graduale dell’inflazione verso i livelli obiettivo».

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