Bisogna essere persistenti come lo è l’inflazione, determinati a raggiungere l’obiettivo del 2%, risoluti nella scelta di usare ancora i rialzi dei tassi che in Europa sono già a quota 4% e a luglio aumenteranno ancora tra lo 0,25 e lo 0,5%.
La presidente della Bce, la francese Christine Lagarde, tira dritta sulla sua strada verso il baratro e non arretra, chiudendo il forum dei banchieri centrali a Sintra, in Portogallo, con una certezza: il costo del denaro salirà ancora, a luglio sicuramente, e a settembre si valuterà in base ai dati.
Quella del rialzo dei tassi è la linea scelta anche dalla Federal Reserve Usa che, nonostante questo mese abbia fatto una pausa, prevede una nuova stretta a breve. Il rischio di una recessione, che i banchieri centrali non incorporano nelle stime ma che ammettono essere sempre presente, non ferma quindi per ora il percorso avviato.
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«Abbiamo fatto molto ma molto resta ancora da fare», ha nuovamente ribadito Lagarde, ricordando i dati che hanno convinto la Bce a mantenere aperto il cantiere dei tassi: non ci sono «prove tangibili» che l’inflazione di fondo stia scendendo, né che i prezzi si stiano stabilizzando per poi calare.
Non è quindi il momento di avere dubbi o incertezze, anche perché l’incertezza è già alta a causa degli ultimi sviluppi geopolitici. Le prove di golpe in Russia dello scorso fine settimana hanno allarmato anche i banchieri centrali, spiega Lagarde, che restano all’erta sui possibili effetti per l’economia, dalle catene di approvvigionamento al commercio. Il rialzo dei tassi a luglio è quindi ormai scontato, per settembre si attenderanno i nuovi dati ma di certo la politica restrittiva è destinata a durare finché l’inflazione non tornerà nei pressi del 2%.
Servirà più tempo o più forza del previsto, perché la politica monetaria non si sta trasmettendo all’economia con la rapidità sperata. Colpa – o merito a seconda dei punti di vista – di un’economia molto resiliente, tanto che sia la Bce che la Fed non vedono nubi all’orizzonte: «il nostro scenario di base non include una recessione» come conseguenza dei rialzi dei tassi, «ma il rischio c’è sempre», ammette però Lagarde.
Negli Usa, spiega il presidente della Fed, Jerome Powell, il mercato del lavoro ancora molto forte continua astimolare i consumi, tanto che molti nel vertice della Federal Reserve vorrebbero altri due rialzi dei tassi. Consecutivi o no, poco importa: «siamo in territorio restrittivo, ma non restrittivo abbastanza e riteniamo che serva proseguire» perché i tassi sono stati bassi per troppo tempo, assicura Powell.
La linea dei falchi resta per ora quella prevalente, ma l’Italia con il premier Giorgia Meloni non è l’unica a criticare le scelte di Francoforte: anche il ministro delle Finanze portoghese, Fernando Medina, e la collega spagnola, Nadia Calvino, si sono detti contrari a nuovi rialzi che danneggiano famiglie e imprese.
E sul fronte delle imprese c’è molta preoccupazione: per il presidente di “Le Partite Iva Italia”, Angelo Distefano, «siamo molto preoccupati dell’annuncio dell’ennesimo aumento dei tassi d’interesse che non sarà l’ultimo. Cittadini e imprese sono strangolati da una profonda crisi economica e finanziaria figlia di pandemia, guerra e un’inflazione galoppante generata da speculazioni sulle materie prime. In questo scenario, i dati che emergono preponderanti sono ancora una volta di sofferenza di piccole attività e cittadini che si manifestano con l’allungamento dei tempi di pagamento delle medie e grandi imprese nei confronti dei loro fornitori più fragili e l’aumento dei poveri costretti a rivolgersi alla Caritas».
Per Distefano «la decisione di proseguire con l’aumento dei tassi aggrava la situazione economica e finanziariagià compromessa di questi soggetti, rallenta gli investimenti e produce recessione mentre il Paese ha bisogno di crescita. Queste scelte scriteriate calate dall’alto, lungi dall’essere dettate da esigenze di politica monetaria lungimirante, paiono più ispirate alla volontà di penalizzare il sistema economico e finanziario italiano e magari agevolare azioni predatorie nei confronti delle eccellenze nostrane».
Per le associazioni “Le Partite Iva Italia” e “Popolo Produttivo” «è necessario condannare con fermezza una Ueche tutela solo gli interessi dei soliti potenti a scapito delle imprese e dei cittadini non serve all’Italia. Per quanto tempo dovranno le famiglie, le piccole imprese e tutto il Popolo produttivo sopportare tutto questo? Ormai sono tre anni che a causa di speculazioni di ogni genere sono sempre a pagare le stesse persone. Vediamo società energetiche, anche controllate dallo Stato, banche e multinazionali lucrare e speculare sempre a discapito dei soliti. Assistiamo a miliardi di euro bruciati ed il potere d’acquisto delle famiglie arrivato ai minimi storici. Sempre più imprese e persone vengono segnalate dalle centrali rischi entrando così nell’inferno delle famose liste dei cattivi pagatori. Non si può continuare così!»
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