Con l’estate torna il gran caldo e con esso i lai degli ambientalisti che discettano di cambiamenti climatici, di temperature record, di colpe dell’uomo che devono essere al più presto espiate sull’altare delle politiche della neutralità climatica, quelle che l’Europa sta adottando a tappe forzate entro il 2035, anche se al costo di pesantistravolgimenti sociali ed economici che porteranno ben pochi benefici all’ambiente che si vorrebbe tutelare.
E mentre si discetta su come intervenire, su cosa e quando tagliare per ridurre le emissioni climalteranti connessecon la produzione di anidride carbonica – che di per sé non è assolutamente inquinante, anzi è l’alimento fondamentale per gli organismi vegetali che in cambio producono ossigeno – ecco che in quegli stati dove gli ambientalisti sono al governo non si trova di meglio che chiudere centrali nucleari funzionanti e sicure per aumentare la produzione di elettricità niente meno che dalle peggiori fonti fossili come il carbone, come sta accadendo in quella Germania, dove la corsa a manetta verso le energie rinnovabili, eolico e solare su tutte, non è sufficiente ad assicurare la domanda elettrica degli utilizzatori quando è notte o quando non tira un alito di vento.
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La musica non cambia sul fronte della mobilità, dove l’Europa vorrebbe mettere al bando il motore a combustione interna – altra eccellenza della tecnologia sviluppata in oltre 100 anni dalla ricerca e manifattura europea – per imbracciare l’elettrificazione spinta, facendo finta di non vedere che produrre i materiali necessari per le batterie e i motori elettrici ha un impatto decisamente maggiore di quello che si vorrebbe evitare, tralasciando un ulteriore questione affatto secondaria della dipendenza geostrategica dal monopolista di fatto delle terre rare, la Cina. Una Cina che, grazie alla miopia e disattenzione dei regolatori europei che non hanno previsto alcun dazio all’ingresso – contrariamente a quanto avviene in Cina per il prodotto europeo –, s’appresta ad invadere il mercato europeo con auto a batteria a prezzi di un buon 30% inferiore a modelli analoghi prodotti sul suolo dei Ventisette. Una politica di prezzo aggressiva resa possibile dalle sovvenzioni governative e, soprattutto, dai minori costi ambientali che l’industria cinese deve sopportare.
Viene spontaneo chiedersi a chi giova uno scenario del genere, se non a condannare gli europei su una china di crisi sociale ed economica a favore dei paesi emergenti, Cina e India su tutti. Di sicuro non all’ambiente, che vedrà le emissioni globali aumentare grazie all’impulso alla crescita proveniente da queste realtà.
Intanto, anche quest’estate torna il gran caldo, ma non la saggezza dei decisori pubblici.
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